STEFANO PAUSILLI
Nato a Roma il 22/03/66
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di
STEFANO PAUSILLI
Lo spettacolo di questo anacronistico personaggio affronta il grande problema esistenziale dell’uomo e ne segue ogni passo dalla creazione (Uomo 1^ Parte) all’autodistruzione (REQUIEM). Il percorso e’ scandito dai momenti più importanti vissuti dall’individuo (sensazioni positive e negative) o dalla massa e che comunque non riguardano soltanto l’essere umano. Infatti con le sue azioni quotidiane l’uomo mette in gioco la sua esistenza, quella dell’intero ecosistema e forse un giorno anche quella dello spazio circostante, già infestato dai suoi rifiuti aerospaziali.
Lo spettacolo e’ articolato in maniera da dare allo spettatore tutte le sensazioni che forse non ha mai provato di fronte a ciò che la sua Specie ha fatto, sta facendo e farà. Tutto questo nel tempo della durata dello spettacolo e con forti emozioni provocate dalla curata fedeltà dell’ascolto, dagli effetti e dai filmati studiati per ogni situazione, lasciandogli cosi’ una sensazione di riflessione che, almeno mi auguro, lo possa sensibilizzare nei confronti dei problemi sociali ed i rapporti con l’ecosistema.
Il cuore del problema esistenziale dell’uomo e’ la sempre più crescente lotta tra l’Istinto e la Ragione. Due colossi che si scontrano in un complesso, quanto fragile, campo di battaglia: il cervello. I segni della Loro presenza li rivediamo nei comportamenti e nella psicologia di ognuno di noi, spesso seguiti da gesti disperati che determinano il cedimento del nostro equilibrio.
I sentimenti e le sensazioni da una parte (propri della ragione), la lotta per la sopravvivenza ed il sesso dall’altra (propri dell’Istinto) si uniscono in una emulsione altamente pericolosa che può esplodere da un momento all’altro e che, nei momenti di precario equilibrio, crea una tensione che può essere alterata anche da un evento apparentemente insignificante.
Dominare se stessi nei canoni giusti, o comunque stabiliti dall’uomo, non e’ cosa facile. Spesso ciò che per il singolo sembra giusto o comunque giustificabile, per gli altri (la famiglia o gli amici) e’ qualcosa che non va fatto e quindi si imprigiona dentro come una colpa mai commessa e non voluta.
Le canzoni si susseguono cadenzando la strada “sensazionale” del nostro personaggio in questione: l’uomo.· Per prima troviamo una ”INTRO DUZIONE” che apre lo spettacolo sfumando da sinistra a destra come a voler aprire una parentesi che sicuramente verrà richiusa.
· Il secondo brano “UOMO 1^ PARTE” parla della creazione e della fiducia, mal riposta, del Creatore nei confronti dell’uomo. In questo brano c’è una breve rappresentazione delle fasi che, presumibilmente, formarono la creazione della terra in tutte le sue parti, per finire con quella dell’uomo che, in qualche modo, avrebbe dovuto essere fonte di orgoglio per chi, invece, avrebbe potuto risparmiarsi tale delusione.
· La terza canzone “ TI AMO” è l’Amore con la a maiuscola: la semplicità, la bellezza, la purezza, la spensieratezza, la dolce sensazione dell’abbandono, l’ossessiva attrazione del sesso, l’inebriante fascino della gioventù, il fragrante profumo dell’immaginazione, l’impervio percorso della timidezza, l’eterea linea delle forme, il profondo silenzio della solitudine. Questa immagine di perfezione, quasi vicina al suo Creatore, è come un attimo che si perde nell’eternità; così avviene l’incontro di due esseri umani che si abbandonano completamente alle sensazioni che vivono in quel momento estraniandosi totalmente da quella che è la vita reale e tutte le sue difficoltà.
In questo brano troviamo una delle sensazioni più vere, vissuta completamente e senza troppi condizionamenti esterni che, invece, compaiono in tutti gli altri istanti della vita umana. Il momento fantastico dell’innamoramento, dell’attrazione all’ennesima potenza, porta, per pochi lunghi istanti, al di sopra di ogni barriera intellettiva ed ipocrisia sociale ed allontana da tutte quelle deleterie domande esistenziali che minano la mente e che interagiscono con tutti i comportamenti individuali. Purtroppo con lo scemare dell’innamoramento la ragione riprende il suo posto di regnante e condiziona il nuovo rapporto, con tutte quelle problematiche sociali che spesso riescono a distruggerlo. Quindi per l’uomo diventa molto difficile mantenerlo in vita; infatti soltanto l’istinto ha il potere assoluto sul corpo poiché l’istinto non si lascia inquinare, ed è per questo non ci siamo ancora estinti.· La quarta canzone “SE UN GIORNO TU” rappresenta le perplessità e le indecisioni che colpiscono uno dei sentimenti più solidi che l’uomo ha: l’Amore. E’ evidente la paura per la sua precarietà, la consapevolezza della volubilità umana che rende insoddisfatti e impone la ricerca di cose e sensazioni che spesso si posseggono già.
· La quinta canzone “ANCORA PER TE” è l’attenzione dell’uomo verso un’altra donna, un altro Amore, da cui è attratto un po’ perché non lo possiede, e un po’ per effetto della natura che lo sprona, con istinti ancestrali, a conquistarla. La difficoltà dell’uomo di restare entro i propri limiti, di esser soddisfatto della propria esistenza e di ciò che riesce a realizzare lo spinge all’esplorazione di qualsiasi cosa lo circondi, portandolo ad una insoddisfazione continua che peggiora al termine di ogni sua disperata ricerca.
· La sesta canzone “INCOMPRENSIONI” già dal titolo lascia capire chiaramente quale sia il suo tema principale: l’insofferenza che cammina di pari passo con l’evoluzione dell’uomo e che lo porta sempre più all’individualismo ed al crollo dei valori lasciando campo libero a tutta una serie di difficoltà che lo insidiano e si ripercuotono sul suo vivere quotidiano. Da qui le incomprensioni generazionali con i figli, nella coppia, nella società (“indecisioni di noi attori che studiamo per anni senza saper recitare”), con la natura, con il Creatore ed infine con se stessi.
· La settima tristissima canzone “INUTILITA’’ descrive le reazioni dei più deboli che fuggono dalla realtà rifugiandosi nell’abisso della droga, dell’alcool e di tutto ciò che annebbia la mente. L’uomo si perde in futili rimedi creati da lui stesso, non rendendosi conto della propria stupidità, impotenza, mediocrità e vigliaccheria; lasciando, tra l’altro, spazio ai più furbi che raccolgono dei frutti da questo comportamento. Il malessere (male di vivere) entra geneticamente nelle nuove generazioni che, avanzando nel cammino del progresso umano, si sentono sempre più impotenti. Così, dietro ad un gesto disperato di un giovane, perso nelle sue incomprensioni e nella trappola mortale rappresentata dalla società “evoluta”, c’è un genitore sbigottito e sconfitto da un gesto al quale non può dare nessuna risposta razionale e che rende inutile tutta la sua esistenza.
· L’ottavo brano dal titolo positivo “LA SPERANZA” è forse insolito in questo spettacolo che è intento soprattutto a mettere in risalto i difetti, le problematiche e le possibili giustificazioni del comportamento umano. Ma la speranza è insita nell’uomo e pertanto, rimanendo in silenzio, lascio alle immagini ed al balletto il compito di rappresentarla.
· La nona canzone “MUSICA” parla della difficoltà che trova l’individuo ad inserirsi nella società cercando di realizzare, in quella breve permanenza che è la vita, le sue ambizioni in gran parte influenzate dalle opportunità che la cultura consumistica offre. La musica rappresenta simbolicamente ciò che l’individuo vorrebbe poter realizzare, contrastando così le domande esistenziali che lo rendono debole.
· Con la decima canzone “SOGNI DI CARTA”, anche se ormai sembra estremamente impossibile, si suggerisce una “pozione” con la quale l’uomo potrebbe essere soddisfatto e vivere una vita felice, senza quegli enigmi esistenziali che lo porterebbero soltanto allo sfacelo della sua umile esistenza. Incredibile, eppure questa è una canzone talmente ottimista da riuscire, in circa cinque minuti, a risolvere tutti i problemi dell’Umanità.
Sembra strano ma effettivamente l’ingrediente per una coesistenza migliore potrebbe essere proprio un’attenta ricerca di quelle piccole cose che determinano una “grande vita” (cose che ci permettono di vivere senza troppe pretese, così come avviene in quella da noi dimenticata ma equilibrata natura). Certo questa sarebbe un’ottima soluzione se non fosse per gli “avvoltoi” già appostati che approfittano di tutto, anche di chi vuol vivere tranquillo, e che sono liberi di scorazzare e di spadroneggiare (poiché contrapposti da pochi altri individui) facendo il bello e cattivo tempo con tutto e tutti; è dunque chiaro come possa essere facile “preda” chi muore di fame, chi non detiene niente ed è quindi completamente vulnerabile.
SECONDA PARTE
· L’undicesimo brano “GIUDICATO DA CHI” ha come protagonista la presunzione dell’uomo di poter manipolare il destino. Infatti nell’affannosa corsa al potere, al denaro, al successo e allo sporco proprio comodo, l’uomo non si fa scrupoli di soffocare la vita di altri individui, impedendo loro di sfruttare occasioni che potrebbero non presentarsi mai più. Questa rivalità, nell’ambito di una stessa specie, è naturale come quella tra specie diverse. La difesa del territorio, la conquista di un compagno per la conservazione della specie, la continua ricerca del cibo, sono comportamenti che ritroviamo anche nell’uomo attuale, esasperati però dalla sua mania di sopraffazione verso i propri simili e gli altri esseri viventi. A questo punto nasce una domanda: “ma l’uomo non è tanto intelligente da essere superiore a qualsiasi altro animale che è semplicemente istintivo?”. Quello che lascia perplessi è la completa ed esasperata alterazione degli istinti primordiali. Se in natura è normale conquistare un territorio di caccia è altresì normale che sia limitato alle capacità di difesa dell’individuo che lo detiene. L’uomo ha mantenuto l’istinto ma ne ha perso i limiti. Più ha e più vuole avere oltre ogni esigenza naturale che sarebbe giustificata. Quando si è presi dal vortice dell’interesse non si riesce più a dare un limite al desiderio di possesso, anche quando abbiamo abbastanza da vivere nel lusso sfrenato per la durata di tutta la nostra vita e quella della nostra famiglia. Come in un film di fantascienza ho in mente qualcosa di rivoluzionario, un modo per rallentare la frenetica corsa dell’uomo verso il nulla: trovare un veleno che uccida il virus dell’interesse.
· Il dodicesimo “AGGUATO” è un brano musicale che, affiancato da un balletto molto esplicativo, descrive “l’agguato” che l’uomo ha teso agli altri esseri viventi continuando, anno dopo anno, a tenderne di nuovi. Ormai non abbiamo più neanche il diritto di stupirci. La clonazione e tutti gli esperimenti genetici vanno talmente al di là di ogni limite da farci perdere il peso della loro gravità. Quello che ritengo sia anche peggiore di tutti gli agguati finora tesi è il volere riparare ai danni fatti trasformando il mondo animale in un insieme di esseri patetici, pilotabili come robot da maneggiare, fecondare, spostare, pubblicizzare, determinare, degenerare, limitare e sottomettere comunque e ovunque distruggendone la dignità di esseri perfetti per schiacciarli sotto la supremazia umana. Ed è proprio questo agguato che gli stessi esseri umani devono temere.· La tredicesima “STRADA” considera appunto la strada passata e futura che l’uomo ha dovuto e dovrà percorrere per arrivare alla ipotetica meta, dove troverà finalmente quell’equilibrio che lo renderà perfetto, immune dalle tante incomprensioni che ora lo affliggono, lontano dai desideri terreni che lo rendono schiavo di mille necessità, unico nel completo sfruttamento della sua intelligenza superiore ad ogni cosa che lo circonderà. In definitiva avrà finalmente risposta alle sue perenni domande esistenziali. Questa scena l’abbiamo già vista in alcuni film di fantascienza, in cui l’essere umano viene rappresentato con una testa molto sviluppata e tutto quello che fa lo fa con la forza del pensiero, perché in grado di utilizzare tutta la sua massa cerebrale. Certo che è fantascienza, ma non ci dimentichiamo che la maggior parte delle cose che per noi oggi è normale, in passato esisteva solo nei film. Il problema principale nel cammino della nostra strada è soprattutto il fatto che i risvolti delle scoperte, invenzioni e quant’altro facciamo sono troppo negativi e pericolosi. I danni provocati cominciano ad essere irreversibili con conseguenze per tutto l’ecosistema che potrebbe avere dei peggioramenti esponenziali. Ma l’uomo sembra usufruire solo della parte positiva di tutto questo e quindi la sua preoccupazione è relativa. Il fatto preoccupante e veramente grave è che individualismo/ragione/egoismo portano ognuno di noi alla piacevole sicurezza che il peggio verrà non durante la nostra vita ma in futuro e il problema lo risolveranno le generazioni a venire.
Quindi sembra che l’uomo potrebbe raggiungere la pace e la saggezza totale, ma visti i trascorsi, la domanda che inevitabilmente nasce è: resisterà fino ad allora?
· “IO ME NE ANDRO’ ” è la rottura di quella fragile sicurezza di cui l’uomo si è sempre fatto scudo, la fuga psicologica dalla propria realtà verso quello che potrebbe essere un mondo nuovo senza debolezze e contrasti, oppure verso qualcuno che potrebbe, come un Padre, aiutarci a vivere. Il primo e più importante appiglio che l’uomo ha trovato per giustificare la sua strana esistenza, così diversa dal resto del regno animale, è stato appunto creare una divinità superiore, irraggiungibile, inspiegabile e a volte temibile. Quel non poter chiedere direttamente spiegazioni a quella nuova e straordinaria entità placava, in qualche modo, l’inquietudine che regnava già nei primi uomini che vivevano sulla terra circa centomila anni fa. Per un essere non più pilotato soltanto dalla forza della natura e che cominciava a rendersi conto di tutti gli straordinari, spesso pericolosi, eventi che lo circondavano e quindi cosciente della propria mortalità, riuscire a dare una motivazione a tutti quei fenomeni e all’orribile spettro della morte era di una importanza vitale…era la forza per sopravvivere. Ma poi l’uomo si è evoluto, civilizzato, trasformando quell’appiglio che si era intelligentemente creato, in uno strumento di sottomissione e di distruzione.
Ognuno di noi in qualche istante della sua vita vorrebbe fuggire altrove: su spiagge caraibiche, su isole deserte lontano dalla città, dal suo lavoro, dal suo compagno, dalla sua vita, praticamente da se stesso. Infatti l’uomo prima distrugge il suo ambiente trasformandolo in città invivibili e poi, come in una sorta di pentimento, fugge da ciò che si è creato per cercare ciò che ha distrutto. Questo comportamento non ci fa certo onore e conferma la forte instabilità interiore dell’uomo.· “LA FORZA IN TE” parla della forza istintiva ancora viva in noi che si alza come “uno strano vento” e che, in qualche modo, siamo costretti a reprimere per vivere la nuova esistenza da uomo Civilizzato. Invece, forse, dovremmo sfruttare questa energia, questa voglia di vivere così diversa da come la concepiamo noi e soprattutto così naturalmente propria del nostro essere. Anche se “questo vento non servirà a spazzare via le nubi da dentro” sicuramente potrebbe aiutarci ad affrontare la vita moderna, così come un giorno ci dava forza e coraggio per affrontare le ostilità della nostra antica terra. La forza che abbiamo dentro potrebbe influenzare per buona parte il nostro destino. Io credo che gran parte di esso sia determinato dal nostro carattere, dalla nostra timidezza, dalla soggezione, dalla pigrizia, dalla nostra emotività. Questi fattori uniti determinano le nostre scelte, si contrappongono ai nostri movimenti, ci impediscono di affrontare situazioni che potrebbero rappresentare la famosa unica occasione per dimostrare al mondo le nostre capacità e soprattutto ci ostacolano nella realizzazione dei nostri desideri. Le persone sfrontate, prive di timidezza, che non si creano problemi di sorta, sono quelle che, prima o poi, riescono a fare qualcosa di interessante e magari essere considerate “importanti” solo perché ne hanno l’aspetto. Quindi, prima che sia troppo tardi, bisogna sfruttare la grande forza che vive imprigionata dentro di noi per usarla nei momenti importanti, quando la ragione da sola non basta.
· Nel sedicesimo brano “ULTIMI PENSIERI” l’uomo si rassegna di fronte al muro creato dalla sua stessa sapienza e dalla difficile coesistenza nella mente della ragione e dell’istinto che, sospesi in un fragile equilibro sempre in procinto di rompersi, rischiano di farlo sconfinare nella pazzia. Le troppe domande, le troppe ingarbugliate sensazioni e le insoddisfazioni lo rendono vigliacco e sufficientemente debole da arrendersi. Una rassegnazione, questa, che non vuole però essere definitiva ma che comunque ha un ruolo determinante nella sua vita ed influenzerà tutte le sue decisioni. La rassegnazione è una delle condizioni più tristi che l’evoluzione gli ha portato, lasciando nell’amarezza un essere così potente quanto vulnerabile. Nel brano troviamo i quesiti fondamentali dell’esistenza umana: “che cosa cerco, che cosa voglio, che cosa penso, in che cosa ho sbagliato, che cosa non va”. Ma “perché sia libero c’è ancora strada” e quindi per ora queste domande sono soltanto motivo di distrazione, difficoltà e paura che non ci aiutano certo a vivere in modo positivo la nostra evoluzione.
· “UOMO SECONDA PARTE” è il brano portante di tutto lo spettacolo. Arriva come uno schiaffo in piena faccia dell’uomo che si sta lasciando trascinare dalla sua mania possessiva e distruttiva che porterà nel baratro anche lui. Brano immediato, conciso e secco che in poche parole mette in evidenza il mal fatto e suggerisce di fermarsi finché si è in tempo. Ma sembra chiaro che non sarà così; ormai lui non solo non ha paura dei suoi vicini di casa (gli animali) ma non ha più paura neanche di quel padrone di casa che si era scelto per rispondere alle sue domande e per avere qualcuno da temere.
· “SPERO TU SAPPIA” narra del misterioso gioco fra la consapevolezza e l’indifferenza dell’uomo che cosciente dei danni recati, li minimizza per far pace con la propria coscienza e continuare indisturbato; condanna la prostituzione per poi approfittarne quando non visto; giudica chi ruba per poi vigliaccamente derubare chi ha fiducia in lui; cerca il Padre in una chiesa per poi ucciderLo lontano da occhi indiscreti:“sperare in un mondo nuovo è bello, ma dipende da te”. Si fa riferimento al mondo com’era prima di essere manomesso dall’uomo, “di animali liberi sperduti in quello splendido mondo”, e di un animale “straniero” che non si sapeva potesse fare quei danni che poi fece; di un “inquinamento insolito che purtroppo ora c’è”, insolito perché l’uomo è riuscito a fare dei prodotti che la natura stessa ha creato qualcosa di nocivo. Infatti il problema principale dell’uomo sta proprio nel non saper utilizzare al meglio le risorse naturali che, manomesse, diventano strumenti di distruzione per la fonte dalla quale provengono.
· L’ultimo a tutti gli effetti “REQUIEM” è una cerimonia funebre in onore del potente ed indiscusso sovrano della terra che a questo punto deve aver fatto qualche cosa di troppo che lo ha portato all’autodistruzione; quell’autodistruzione che non è certo indice di intelligenza e grande civiltà. C’è stato tanto tempo per le domande, ora si riposa.
A questo punto ci troviamo di fronte all’ennesimo grande ciclo distruttivo di cui alcuni scienziati parlano. Sembra che da quando la vita sia sbarcata sulla terra, circa un miliardo di anni fa, ci siano stati una decina di periodi in cui oltre il 60% degli esseri viventi si sia estinto, la stessa cosa che si presume sia avvenuta al tempo dei dinosauri. Questo dovuto a fenomeni naturali come imponenti eruzioni vulcaniche, maremoti e la caduta di corpi celesti di proporzioni tali da provocare un cataclisma. Quindi continuando sulla sua strada l’uomo potrebbe anticipare di parecchie migliaia di anni la probabilità che avvenga una nuova catastrofe. A distinguerla dalle altre sarebbe il fatto che a provocarla sarà un abitante del pianeta stesso.
· Bene siamo giunti alla fine, la musica sfuma al contrario dell’inizio come a chiudere una parentesi. Il sipario si era aperto festosamente all’insegna della vita, dell’armonia e della perfezione ed ora siamo qui a richiuderlo pensando che forse la nostra esistenza fa parte di un ciclo ben preciso, inserito in altri che sono venuti prima di noi e che si susseguiranno dopo la nostra minuscola permanenza in questo immenso, misterioso e mistico UNIVERSO (vero Signore incontrastato) del quale la terra non è altro che un insieme di polveri collassate su se stesse circa cinque miliardi di anni fa.
Ideato e realizzato da Stefano Pausilli
Testi musica e arrangiamenti di Stefano Pausilli
Si ringraziano:
Germana Meaggia: per la supervisione dei testi
Marco Pausilli: per la collaborazione nella realizzazione de “UOMO LA STORIA”
Maurizio Odi: per la collaborazione in studio di registrazione in fase di registrazione della voce
Franco Pozzer: per il violino su: “ULTIMI PENSIERI” e “INTRODUZIONE”
M° Renzo Renzi: per la trascrizione e la direzione del coro polifonico in “REQUIEM”
Coro Polifonico della Scuola di Musica di Testaccio: per l’interpretazione del “REQUIEM”
Un ringraziamento particolare va a Claudio Cipriani per la collaborazione in “La Forza in te” e la produzione di “REQUIEM”
Tutti coloro che credono nel mio lavoro e che ci crederanno ancora.
Si ringrazia, in particolar modo, il Produttore che vorrà mettere in scena questo spettacolo, dandogli vita.
Finito di scrivere il 22 marzo 2000
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